Sostenibilità economica e sociale: la teoria e la pratica

Episode 1 October 05, 2025 00:49:45
Sostenibilità economica e sociale: la teoria e la pratica
Materia in circolo
Sostenibilità economica e sociale: la teoria e la pratica

Oct 05 2025 | 00:49:45

/

Show Notes

In un mondo che affronta crisi ambientali, disuguaglianze crescenti e trasformazioni tecnologiche accelerate, la sostenibilità non è più solo una questione ambientale, ma una sfida economica, sociale e culturale. In questa puntata, quattro voci autorevoli, provenienti da ambiti diversi ma complementari, si confrontano su come rendere la sostenibilità una pratica concreta e sistemica. Dalla teoria dei sistemi produttivi all’economia circolare, dalla psicologia organizzativa all’attivismo civico, esploriamo modelli, esperienze e visioni per costruire un futuro più equo e resiliente.

 Voci:

Flavio Tonelli, professore all’Università di Genova;

Eric Guerci, professore dell’Università della Costa Azzurra;

Pedro Lopez Merino, ricercatore dell’Università della Costa Azzurra;

Andrea Sbarbaro, psicologo del lavoro, attivista ambientale, Climate Pact Ambassador for Italy e presidente dell’associazione Cittadini Sostenibili.

Montaggio: Nadia Denurchis

View Full Transcript

Episode Transcript

[00:00:02] Speaker A: Materie in circolo, storie di plastica, persone e idee che trasformano il rifiuto in risorsa. La sostenibilità si costruisce ogni giorno nelle scelte delle imprese, nelle politiche pubbliche, nella ricerca scientifica e ovviamente nei comportamenti quotidiani di tutti noi. La sostenibilità non è un concetto astratto, infatti cercheremo di non parlare solo di teoria. In questa puntata, quattro ospiti d'eccezione ci mostreranno le loro visioni interconnesse. Eric Guerci, economista del Gredeg, specializzato in economia comportamentale e modelli computazionali. Andreas Barbaro, psicologo del lavoro, attivista ambientale, Climate Pack Ambassador for Italy e presidente dell'Associazione Cittadini Sostenibili. Pedro Lopez Merino, ricercatore del Gredeg in Economia Circolare e Innovazione Territoriale e Flavio Tonelli, professore all'Università di Genova, esperto di sistemi produttivi e sostenibilità industriale. Cercheremo di rispondere a una domanda fondamentale. Come possiamo rendere la sostenibilità una realtà concreta, inclusiva e trasformativa? [00:01:07] Speaker B: Benvenuti a tutti e vorrei innanzitutto ringraziare Unige e Unige Radio per questa opportunità di poter parlare di questo tema così importante, la sostenibilità, con alcuni colleghi cui presenti. Ma diciamo che volevo inquadrare un attimo la sostenibilità dal punto di vista come economista, diciamo sotto la lente della teoria economica. Vi sono vari correnti sostanzialmente che hanno esplorato cosa voglia dire, come si possa intendere la sostenibilità oggi. Forse dal punto di vista economico un fil rouge è sostanzialmente quello di pensare che noi dobbiamo garantire a noi e anche alle future generazioni un mondo che possa essere e offrire le stesse libertà e opportunità di cui godiamo oggi o che hanno goduto quelli prima di noi. Quindi in questo senso, all'interno di questa idea di conservare delle opportunità e delle libertà, La questione è in che modo e quindi ci si interroga sugli aspetti tipo limiti di alcune risorse del capitale naturale, cioè della possibilità di accedere a materie prime che poi costituiscono spesso alcuni dei beni che vengono prodotti. Quindi l'obiettivo sostanzialmente nella teoria economica è quello di immaginare che questa capitale possa essere costante e garantito a tutti. Ci sono varie teorie che hanno affrontato questo aspetto e alcuni autori, alcuni più storici diciamo e altri più recenti, ma si può partire ad esempio da alcuni lavori di Amartya Sen, che è stato premio Nobel per l'economia, dove lui più che altro concentra il suo discorso sulle libertà, sulle opportunità che devono essere date alle persone di poter godere in ogni istante, nelle varie epoche e quindi anche nel futuro, delle stesse opportunità. Ecco, queste vanno garantite e chiaramente poi il discorso può ricadere sugli aspetti delle, come dicevamo, del capitale naturale, delle risorse a cui noi possiamo accedere. Questa invece è più un filone, quello che si concentra proprio sui modelli, sulle risorse, sul capitale naturale dell'economia ecologica e su questo ci sono alcuni autori come Daley, famoso, che ha sviluppato uno dei autori principali che appunto si concentra su queste dinamiche. Recentemente anche altri autori come Premi Nobel come Stiglitz si sono anche interessati e loro hanno portato avanti più una riflessione su degli indicatori economici che, se potessero essere adottati a posto di quello classico della produzione, potrebbero magari facilitare una transizione, un ripensamento dei modelli anche di sviluppo attuali. Quindi diciamo che è stata affrontata in varie occasioni e se uno volesse poi andare al succo, come dire, l'economia di per sé nasce come una teoria in cui si immagina che effettivamente si apre in un contesto con risorse scarse. Il modello economico nasce così. Poi in realtà queste risorse scarse non vengono studiate come limiti proprio nel mantenimento del capitale naturale ma quanto più nei limiti nella capacità di produrre qualcosa e quindi sostanzialmente l'idea della produzione è regolata dal sistema dei prezzi però quando si raggiungono quei limiti in capacità di produrre a causa di mancanza di materie prime allora appunto appunto sono nate delle nuove teorie e approcci che hanno guardato il problema in maniera diversa ma diciamo che è un tema molto attuale e vari autori lo stanno esplorando in maniera diversa. [00:04:46] Speaker C: Provo a giungermi in corse anch'io con un punto di vista da attivista diciamo per il clima sicuramente una cornice di riferimento fondamentale non solo per chi fa attivismo direi ma è l'agenda 2030 proprio perché per noi è ancora validissima la distinzione nei pilastri sostenibilità ambientale, ma anche economica e sociale. Non si tratta semplicemente di una sostenibilità che riguarda quello che è verde, ma riguarda proprio il benessere, la salute delle persone e del lavoro. Tutti e tre questi aspetti devono coesistere, altrimenti si creano proprio dei buchi che fanno dei danni gravissimi. Così come purtroppo in tempi come quelli che viviamo, di guerra, come posso dire, anche qui stai creando i buchi negli altri campi, sulla tenuta sociale o sull'ambiente sicuramente. Questo è importante da considerare perché ogni tanto, secondo me, si perdono un po' di vista. Ci sono dei, non so neanche io come chiamarli, social tipping point, forse. Penso, per esempio, pochi anni fa nel 2019 c'è stata un'ondata di disdegno sul plastic free, come posso dire che è stato recepito da una giusta premessa, ovvero la necessità di combattere l'abuso che la nostra società fa della plastica. come materiale usa e getta, quindi un materiale progettato per essere durevole, però che finisce per essere usato in oggetti che stanno nella nostra vita cinque minuti e spesso finiscono dispersi nell'ambiente, che poi, come posso dire, vanno e vengono ondate, altrimenti se non c'è davvero un tanto un recepimento, come posso dire, corretto, che non sempre avviene, purtroppo. Su questo mi permetto una parentesi, Secondo noi è molto importante in Italia anche la campagna a buon rendere, molto più di un vuoto, che mira proprio a prevenire l'abbandono dei rifiuti, introducendo un valore che può essere di 10 o 20 centesimi per ogni oggetto che viene raccolto e restituito, come posso dire, in una macchina apposita. È un sistema di deposito cauzionale a rendere che già è realtà in 54 paesi nel mondo e 17 in Europa soltanto. Soltanto l'anno scorso, per esempio, anche Aus e Ungria si sono raggiunti e paesi come la Lituania ma hanno avuto veramente dei record stellari di imballaggi intercettati, perché nessuno lascia a terra un oggetto che vale 20 centesimi o 10 oggetti del genere, quindi davvero sono soluzioni molto pratiche. [00:07:22] Speaker D: Grazie per questi interessanti commenti e per la possibilità di parlare qui oggi. Vorrei portare avanti la mia visione come economista, ma un economista molto interdisciplinario. Ho lavorato con sociologi, con antropologi, con geografi, quindi con le scienze sociali. Per definire la sostenibilità, Eric ha dato la classica definizione del rapporto di Birdland, che credo sia valida ancora oggi. Dobbiamo vedere come le generazioni possano avere le stesse opportunità che abbiamo oggi e non meno. Ciò che abbiamo notato è che la parola sostenibilità, ovviamente, si è trasformata o forse quasi ha fatto un sinonimo con quello di transizione. quindi dobbiamo trasformarci in un sistema economico che sia sostenibile. Questo è stato l'espressione scientifica della scelta. che è stata pubblicata in recenti mesi e anni, è che in realtà la sfida di transizione non è mai successa. Abbiamo stato guardando all'uso di energia e materiali e credendo che abbiamo passato da, diciamo, l'uso di acqua a l'uso di petrolio e di olio, e da olio a gas e ora a rinnovabili. C'è un libro molto interessante pubblicato l'anno scorso da Jean-Baptiste de Fresseau, in Francia, che mostra che in realtà questo non è mai successo. La scoperta del carbone come fonte di energia ha aumentato la quantità di aceto usato prima, la scoperta dell'olio come fonte di energia, l'augmento della quantità di acqua e del carbone che si usava, e così via. Quindi ciò che stiamo avendo è che l'umanità sta accumulando, mentre progressiamo, diversi usi di materiali e di energia, invece di passare da uno all'altro. E ovviamente, come sappiamo da un fatto, viviamo in un pianeta che ha risorse limitate e e forse infinite necessità umane che non possono continuare per sempre. Quindi penso che l'ultimo passo in questo discorso di transizione di sostenibilità sia quello di sobrietà. In Francia usiamo il verbo sobrietà, non so se c'è un equivalente in italiano, ma in effetti per poter garantire risponderai. [00:10:35] Speaker E: Intanto al tema della sostenibilità dal punto di vista ingegneristico, perché giustamente avete riportato il tema della sostenibilità dal punto di vista economico prevalentemente. Io posso dare sicuramente un punto di vista più ingegneristico. Io credo che la sostenibilità abbia una caratteristica di località territoriale, cioè ha un principio globale ma poi ha un'applicazione, un'implementazione che invece sono di carattere locale. E da ingegnere Credo che la sostenibilità sia la capacità locale e territorio di prosperare, di evolvere, di continuare ad esistere, senza erodere quelle basi, tra virgolette, biologiche, economiche e sociali che possono garantire la continuità, come giustamente da voi detto nei vostri interventi. Non credo che, come più volte anche sbandierato dalla stessa Commissione, la sostenibilità si possa misurare a una data X o Y, ma sia invece un processo di adattamento, di riconfigurazione dei sistemi, dove delle comunità locali in virtù di una serie di obiettivi globali, osservano flussi di materia, di energia, ma anche di conoscenza, perché vuol dire imparare a fare le cose dal punto di vista ingegneristico diverso, e lì misure, li riprogetto in cicli che diventano, soprattutto in termini di generazione di esternalità indesiderate, più corti ed equi. E quindi passerai un po' dalla concezione di quello che chiamiamo decrescita, o in alcuni casi decrescita, al fatto di non continuare ad accumulare debito per chi verrà dopo di noi. Quindi dividerei un po' le due cose, perché se no rischiamo di continuare a cadere dentro la dialettica della crescita-decrescita. Il problema non è tanto se si cresce o si decresce, si può anche continuare a crescere purché non si aumenti il cosiddetto debito sulle spalle delle prossime generazioni. esistono tecnologie in grado di permetterci di crescere non aumentando questo debito, la crescita di per sé non è un male, anzi fondamentalmente è un bene perché permette di avere una maggiore crescita di carattere economico e sociale. Fino ad oggi la sostenibilità si è basata sul cosiddetto principio dei tre pilastri, ambientale, economico e sociale, già una decina d'anni fa nei miei insegnamenti dicevo che c'è un quarto pilastro che è quello tecnologico, cioè come l'innovazione tecnologica può permettere una frontiera efficiente diversa di questi tre pilastri. Nel caso per esempio di filiere, filiere lunghe che rubano valore locale portano ad avere un organismo economico e sociale che va in sofferenza. Allora bisogna capire se esiste un approccio tecnologico che ci permette di ridurre questa sofferenza. Il progetto Plastron è un esempio di come si possa agire sulla materia presidiando in loco risorse e rigenerarle, tentando di ridistribuire il plusvalore al tessuto civile, al tessuto civile locale. Ora, se pensiamo alla plastica, che è l'oggetto centrale del progetto Plastron, Siamo di fronte a una sorta di paradosso. C'è un materiale progettato per durare decenni che viene usato tipicamente per pochi minuti. E quindi il problema non è la plastica in sé, ma l'idea della linearità che sostiene la produzione e l'uso della plastica. E quindi l'idea che finché noi produciamo oggetti che sono destinati a percorrere migliaia di chilometri su filiere molto lunghe per finire poi in un cassonetto localmente da qualche parte, continuiamo semplicemente a spostare il problema della non circolarità da un contenente all'altro. L'idea quindi di rigenerare localmente degli imballaggi delle cassette del pescato, reti dismesse, significa proprio in alcune località, in alcune territorialità. di accorciare questa distanza tra la responsabilità e la trasformazione e questo vale per colunque flusso di tipo materiale. Quindi riteniamo che il progetto Plastron sia davvero un'idea di piattaforma di economia circolare costiero-rurale, quindi che possa essere applicata dall'ambito costiero-locale-marittimo fino a quello rurale per tentare di trasformare le plastiche per cost-consumo quindi attività etiche, agricole, in prodotti utili, attraverso una serie di tecnologie e qua rientra in gioco il tema della tecnologia, perché è un conto per accoglierle e per questo occorre tecnologia e un conto poi è granularle, estruderle, stamparle in tre dimensioni, magari in grande formato e questo richiede nuovamente tecnologia. Allora non me ne vogliate diciamo economisti, io dico sempre l'economia circolare è un'ottima cosa nella misura in cui ho trasformato qualche cosa con una tecnologia per poterlo far circolare e che questo qualche cosa deve avere un valore e pendenzialmente non è molto inferiore o quantomeno leggermente superiore a quello che ho speso tecnologicamente per convertirlo. [00:15:47] Speaker D: La cosa che dobbiamo tenere in mente è che il problema di passare da una economia lineare verso una circolare non è più un problema tecnologico. Abbiamo le tecnologie necessarie per ricavare e creare nuovi prodotti in maniera utile, almeno parzialmente. Non avremo mai 100% di circolarità, non penso che sia realistico, ma al momento, secondo le ultime estimazioni della MacArthur Foundation, siamo sotto il 10% della circolarità, che significa che il 90% dell'output economico in tutto il mondo proviene da fonti primarie invece di secondarie. Il problema, secondo me, è che come le tecnologie avanzano a rincapturare sbaglio e a produrre prodotti, le tecnologie anche avanzano a estrarlo. materiali rossi e produrre dalle classi virgine e così via. Quindi gli esercizi economici circolari, tecnologicamente, andranno sempre dietro le avanzate lineari dell'economia. Quindi, secondo me, ora si tratta molto più di raggiungere la volontà politica in modo da acquistare più e più prodotti e servizi che provengono da pratiche circolari. Ma infatti non sembra essere così. Anni dopo anni, studi di indicatori circolari avanti abbiamo capito che stiamo usando più e più fonti primarie contro part of what we said before about accumulating rather than transitioning from one state to the other. So what we realize as economists and as social scientists in our studies is that we need a very, very strong regulatory framework at the European and international level in order to favor circular practices at the level of production and at the level of consumption. And we need increasingly more e la sensibilizzazione del pubblico per essere più interessati a questo tipo di prodotti. Devo dire che questo non è ciò che stiamo vedendo. Gli ultimi esercizi per raggiungere una convenzione internazionale sono stati fruttivi e continuiamo a passare verso più e più binari. [00:18:32] Speaker B: Mi inserisco io anche perché, approfittando dell'abilità dei colleghi, preferisco portare avanti questo gioco, questa discussione facendo l'economista, che sono chiaramente, e quindi provo a darvi questa prospettiva, un po' stretta diciamo, però diciamo dal punto di vista di un economista che sta lavorando su questo progetto plastron. sta scendendo proprio sul terreno per fare studi e per provare con la teoria, con gli approcci diversi che la teoria economica offre, provare a contribuire a risolvere delle situazioni di conflitto, situazioni di esternalità negative che si generano. E quello che ritrovo veramente interessante è che corrisponde un po' al tentativo della teoria economica che è quello di allineare un po' gli incentivi dei vari operatori che sono lì nel contesto. Quindi noi ci ritroviamo come veniva presentato al collega prima Tonnelli, in questo contesto costiero, piccoli comuni che devono sostanzialmente gestire questo problema della plastica, principalmente marina o sulle spiagge, che chiaramente è sorgente di inquinamento e che non è, come si dice in gergo, non escludibile, cioè tutti ne vengono comunque a contatto, non si può evitare. Ecco, quello che si vede è proprio operando con queste persone, autorità locali, imprese, anche marinai, pescatori che potrebbero essere coinvolti, la grossa difficoltà proprio dal punto di vista sociale è allineare gli incentivi. Uno potrebbe aspettarsi, dal punto di vista della teoria economica, questa mano invisibile che arriva e coordina e automaticamente le persone trovano i corretti incentivi per operare e risolvere, là dove ci potrebbe forse essere un'opportunità anche monetaria, quindi spinti anche dal guadagno. troviamo che questi operatori queste comunità non riescono a coordinarsi e non riescono a estrarre un valore oggi grazie alla tecnologia grazie magari ad accordi a attivare anche nuove regolamentazioni che faciliterebbero sia visti alcuni interventi come la legge salvamari quella la possibilità che i pescatori possano finalmente anche riportare a casa della plastica che viene raccolta col pescato ecco che prima non potevano quindi diciamo è la capacità di riuscire ad allineare gli incentivi e non sempre questo è una qualcosa che emerge dall'interazione ripetuta di questi attori che vivono in quel contesto chiaramente ci sono altre logiche che entrano in gioco e noi come universitari, come pool comunque di esperti siamo un po' come degli esploratori che osservano e provano a proporre sostanzialmente dei meccanismi di coordinamento tra questi attori, un po' come diciamo un semaforo, un'entità comunque molto stupida è in grado di coordinare le attività delle persone, ecco trovare dei meccanismi che riescano a estrarre valore per la comunità e farla agire in maniera coerente e che sappia quindi, come si parlava, accennava, a reintegrare e quindi far diventare un modello circolare quello della plastica del mare. [00:21:53] Speaker C: Mi ricollego adesso quanto stava dicendo Eric, proprio sulla legge salva mare, perché mi è piaciuto molto, una metafora dell'allineamento delle varie condizioni a livello normativo, pratico da quello che accade anche, come posso dire, nella realtà, come un problema che i pescatori avevano. Non potevano, senza in mani difficoltà burocratiche, recuperare cose per raccontare qualche altro progetto concreto. Sempre un po' dal punto di vista dei cittadini che decidono di attivarsi. Questa è un po' la mia lente a contatto. Sicuramente sono anni in cui davvero è ricchissimo il panorama. Senza guardare tanto lontano penso solo alle attività che conosco meglio qui localmente sul territorio, per esempio con l'associazione di cui faccio parte, Cittadini Sostenibili, abbiamo realizzato una serie di mappature del territorio che rendono proprio semplice e immediato, quasi intuitivo, per le persone la soluzione al problema che si pongono. Faccio un esempio, abbiamo parlato di mappature dove posso riparare le cose che si rompono a Genova, in città, con una mappatura, questa è una delle nostre mappature presenti sul sito web, c'è già la soluzione. Si rompe un ombrello, puoi ripararlo qui, si rompe una borsa, si rompe un tablet, un elettrodomestico, perché altrimenti te lo devi cercare da solo, come posso dire. Oppure ancora, abbiamo mappato come posso interagire con la mia città per portare proposte, fare segnalazioni. E non tutti conoscevano, cioè ci è capitato tante volte, anche gli strumenti che abbiamo letteralmente sotto il naso. Abbiamo delle app digitali che rendono molto più semplice la vita di chi voglia segnalare un tombino intasato in autunno, stagione delle piogge, un lampione rotto, un cassonetto che non si chiude. Oggi abbiamo un'app nel comune di Genova che si chiama Assegnalaci. Non è un unicum in Italia, ce ne sono tante simili, oppure come fare le proposte abbiamo un'altra app che si chiama Proponiti. Non sono così purtroppo diffuse, no, perché come tanti progetti vengono fatti poi non dimenticati, ma non diffusi capillarmente, non si riesce a raggiungere facilmente tutte le fasce di popolazione, quindi abbiamo cercato di mappare. Per ultimo, chiudo proprio con una delle altre nostre mappature, quella degli acquisti sostenibili, che è stata molto pratica, proprio perché magari in ondate, come prima parlavamo dell'ondata plastic free, allora le persone dicevano, ma dove posso comprare sfuso, cioè senza imballaggio, nella mia città? Altrimenti resta solo un bello slogan, un bell'hashtag ma senza risvolto pratico, no? E questa era una delle risposte. Guarda, in questi negozi puoi comprare detersivi, prodotti per la casa, senza imballaggio, porti il tuo bel flacone da casa, oppure anche, in modo molto pratico, come fare a sapere se la tua banca supporta per esempio l'industria delle armi o se supporta l'industria fossile, come posso dire, quindi è un'industria molto dannosa. In questo caso non è rimasto soltanto lettera morta, o anzi lettera digitale, trattandosi di un sito, ma per esempio è stato recepito dall'Ordine degli Psicologi della Liguria, che è un ente pubblico, che ha più di 3.000 soci, che proprio con una nota pubblica sul proprio sito ha detto noi, come posso dire, non c'eravamo mai posti di problema e effettivamente con le nostre tasse, le tasse dei nostri iscritti, non vogliamo andare ad appoggiare banche che appoggiano in modo diretto per quella che è la legge 185, in Italia l'industria delle armi e quindi cambiamo banca, lo facciamo con una nota pubblica dichiandolo pubblicamente. Quindi allineare, come posso dire, gli strumenti, i dati e poi raggiungere persone o comunità che hanno già una sensibilità su un certo tema, poi può produrre in modo molto lineare un cambiamento, come posso dire. Quali sono, diciamo, i maggiori ostacoli proprio a questo? L'esempio delle banche armate è uno, ma è lampante. Ovviamente, quando questi strumenti funzionano, non sempre piace. Questo è uno strumento che esiste da 35 anni, questa legge, proprio l'anno scorso, diciamo, in questo momento, per esempio, proprio perché funziona e perché tanti enti pubblici e privati lo stanno utilizzando, quindi non solo privati, cittadini, è uno strumento che rischia di venire depotenziato. In questo momento, per esempio, si sta parlando di un depotenziamento della trasparenza, proprio per rendere più difficile la tracciabilità degli investimenti finanziari in questo campo. Questa è proprio una proposta, una discussione di legge attuale, diciamo, ad oggi. Quindi, qual è il maggior ostacolo? È che ovviamente, quando ci sono anche delle proposte virtuose di cambiamento, Prima, per esempio, Pedro Merino stava parlando delle energie rinnovabili, no? Come posso dire del transition in a way, diciamo, del passaggio da fonti fossili, gas, a energia rinnovabile, non a tutti piace. In Italia abbiamo un esempio, comunque abbiamo un'industria ancora legata fortemente alle fonti fossili, molto molto forte che secondo i report come quelli realizzati da Greenpeace Italia e dall'osservatorio di Pavia riescono a investire molto in supporto per esempio i media mainstream italiani quindi influenzare non soltanto la cultura ma proprio anche l'opinione pubblica, il dibattito pubblico e quindi la politica sul tema. Quindi purtroppo per quanto ci siano gruppi che magari cercano di battagliare per una transizione ecologica giusta, d'altra parte non scordiamoci che comunque ci sono gruppi di di potere con interessi molto forti e risorse che invece sono proprio ancorati a un tipo di industria, penso a quella della guerra o quella delle fonti fossili, che sono assolutamente nocive e dannose per il pianeta e per le persone. [00:27:30] Speaker B: Interessante assolutamente questo tuo contributo, Andrea. e proverò sempre a dare questo sguardo un po' più diciamo teorico. Mi presto quindi a questo gioco così. Allora quello che si osserva è che effettivamente queste sfide, ok, in questi sistemi complessi che hanno una componente sociale, una componente ecologica, ambientale, tecnologica, Chiaramente devono essere affrontati, anche studiati, sulle varie scale. Cioè uno potrebbe usare l'approccio, come si dice, macro-meso-micro, o sennò vedere l'approccio, come si dice, top-down o bottom-up. Cioè sostanzialmente devono coesistere tutte queste dimensioni per affrontare questa sfida. Ne faccio anche un piccolo a nota personale sulle attività che svolgo come ricercatore. Mi occupo sia di economia sperimentale che di economia computazionale, quindi faccio simulazioni multiagente. E l'aspetto interessante è che una delle personalità più importanti che ha vinto proprio in quest'ambito anche il premio Nobel sugli studi legati alle tematiche soprattutto dei beni comuni e della circolarità, Elinor Rostrom, il suo contributo è stato anche quello di adottare un approccio metodologico che non sia quello analitico classico mainstream. e sfruttare appunto nuovi approcci come l'economia sperimentale e la simulazione proprio per prevedere, per essere in grado di controllare e studiare questi sistemi con l'approccio come si dice bottom-up, cioè dal basso. Mentre la teoria economica classica non offre tanto questa possibilità nella modellistica, gli approcci quelli di economia sperimentale anche in the field, cioè sul terreno, dove si coinvolgono direttamente gli attori, per cercare di comprenderne le loro risposte, i loro incentivi, per andarli proprio a stanare sul terreno, o se no, dei modelli, quelli che simulano sostanzialmente contesti realistici nel computer, sono quelli che effettivamente le hanno permesso, anche se volete di vincere, di avere questo riconoscimento importante, il premio Nobel, ma veramente di essere in grado di proporre delle nuove strategie di governance che provano a controllare, a gestire e a facilitare gli incentivi delle persone. Quindi è vero che poi ci vuole questo coordinamento top-down, quindi quello regolatorio, politico, ma anche quello bottom-up, quello delle persone che non sono solo consumatori, perché bisogna smobilitare altri incentivi, non solo quelli dell'utilità al consumo, diciamo, sono fondamentali. Ecco, riuscire a modellare, comprendere, agire in questo contesto è chiaramente una sfida difficile, ma è su quel piano che dobbiamo agire. È per quello che non si può essere soddisfatti o aspettarsi solo una risposta o dalla politica o dalle persone. È un'opera gravosa che obbliga diciamo tutti a essere attivi, a orientarci a una richiesta, ecco. [00:30:36] Speaker E: Dunque, esistono anche altri ostacoli che nel mondo più strettamente tecnologico e ingegneristico si incontrano. Tipicamente, lo stiamo vedendo anche in questi mesi, le tecnologie corrono a una velocità che di norma è superiore a quella normativa. Il tema dell'artificial intelligence ci sta dimostrando chiaramente che qualunque tentativo di arginare è un tentativo ritardato rispetto a come la tecnologia è. Questo è successo e succede anche nell'ambito della sostenibilità, per cui esistono tecnologie che in realtà, essendosi evolute negli ultimi 15-20 anni, permetterebbero oggi di lavorare materie recuperate, riciclate, la cosiddetta materia prima-seconda, in modo differente e anche con un vantaggio di tipo economico competitivo. Il problema, che purtroppo è rimasto tale, già noto almeno una decina d'anni fa, è un ostacolo di tipo burocratico, perché la definizione in materia prima e seconda in Italia varia da regione a regione. Ad esempio, non esiste ancora una normativa pienamente efficace sul come gestire la materia prima e seconda, sia passata dall'assurdità di una decina d'anni fa, dove addirittura era considerata rifiuto e lo scambio in simbiosi industriali di Materia, tra un'azienda e l'altra, era addirittura visto come traffico di rifiuti con aggravante mafiosa. Questi sono i paradossi esemplificativi del mondo italico. L'abbiamo risolto in parte creando protocolli di qualificazione dei granuli, per esempio nel caso di Plastron, che possono usare analisi petroscopiche, blockchain. Il problema è che rimane un tema di carattere legale e legislativo piuttosto rilevante in Europa in genere, ma soprattutto in Italia. C'è poi un ostacolo di tipo cognitivo, che è la cosiddetta fatica da greenwashing. Perché? Perché ormai qualunque tipo di prodotto, qualunque tipo di servizio viene proposto alle persone come sustainable green. E a questo punto, se lo sono tutti, il cittadino medio fatica davvero a comprendere quali lo sono e quali non lo sono. Io sono un po' tra virgolette perplesso di quando sento dire vabbè ma è sufficiente che il cittadino vada a leggere la co2 di tutti i prodotti e l'analisi dell'etichetta nello specifico prima di comprare perché sicuramente può essere di interesse per una nicchia di consumatori, non mi ci vedo bene tutta una serie di persone che non hanno la disponibilità economica o che non hanno banalmente il tempo andando a fare la spesa, di mettersi a fare cherry picking. del prodotto che presenta l'etichetta CO2 friendly migliore rispetto ad un altro. Quindi dal punto di vista teorico interessante, dal punto di vista pratico lo vedo un pochino più complicato. Per dirla in termini un po' più semplici Bisognerebbe che ogni brand, ogni prodotto o servizio ci avesse almeno un indicatore verificabile che esprimesse in modo semplice un beneficio palpabile per la comunità. Non lo so, il recupero di plastica all'interno della comunità plastica non è in qualche misura facilmente monitorabile. Io sono poi dell'idea che Siano tante piccole soluzioni insieme che creano quella massa critica tale per cui a livello ingegneristico ci sia una convenienza economica ad attuare su massa critica questo tema della sostenibilità. Faccio un esempio di nuovo a cui sono molto affezionato, il pensare di risolvere il problema delle sostanze inquinanti emesse dalle automobili, lavorando sulla super nicchia di ricchi che si possono permettere un battery electric vehicle nel mondo, anche in quello occidentale, è insomma è abbastanza curioso perché di solito le soluzioni di sostenibilità intervengono con tecnologie poco costose su grandissimi numeri, perché è lì che facciamo l'impatto, non tanto su tecnologie super raffinate per piccolissimi numeri. che poi ci sia una fase iniziale nella quale è opportuno investire per poter aprire un mercato, per poter sviluppare una tecnologia e arrivare poi a una diffusione di massa, questo è ovvio, inevitabile e doveroso, quindi c'è sicuramente una fase iniziale di incentivazione economico-sociale che quasi agisce più a livello di paese che a livello di territorio locale. Però non può avere una durata infinita. Bisogna capire a un certo punto se quella innovazione si può diffondere verso il basso portando con sé dei numeri davvero importanti o no. E se non lo può fare e rimane di fatto una tecnologia di nicchia, forse questi soldi è meglio investirli altrove, perché probabilmente il fattore leva che riusciamo ad ottenere è decisamente superiore. da quell'idea di sostenibilità da ricchi per pochi pochissimi nel mondo che io fatico ad accettare. [00:36:01] Speaker D: Eric ha parlato delle approcci bottom-up. Flavio ha menzionato la mancanza di clarezza, la fatica del consumatore e l'importanza di diffusare verso una maggiore proporzione dei consumatori le pratiche sostenibili. Penso che ci siano due parole che mi sono venute in mente come molto importanti, e penso che in linea con il lavoro che stiamo cercando di fare con Plastron, che entrambi sono stati menzionati perché Flavio ha parlato dell'importanza del territorio, e questo è essenzialmente ciò che stiamo cercando di fare con Plastron. Credo che gli approcci territoriali siano centrali. abbiamo bisogno di sviluppare più aziende locali in produzione e consumazione, abbiamo bisogno anche di sviluppare relazioni sociali che sono solide e che ci rilassino anche al posto dove viviamo. E rilassare, credo, è qualcosa che Andrea ha detto, che è l'issue del benessere La circolarità non è soltanto per salvare il pianeta, che è molto importante, ma anche per creare un ambiente in cui le persone si sentono bene, gli individui e le comunità. Penso che questo sia probabilmente il futuro delle transizioni, della sobrietà e della sostenibilità. Dobbiamo capire che se viviamo Se viviamo insieme, se creiamo un territorio dinamico e sano intorno a noi e all'interno di noi, possiamo vivere meglio. Penso che sia un'importante cosa che vediamo sul campo. I cittadini andavano a collezioni, si sentivano migliori, si interagiscono e cercano di sviluppare progetti locali, sia i progetti alimentari, sia i progetti circolari, o altrimenti, e si sentono migliori. Tutti ci sentiamo migliori. Quindi penso che ora, che si apre al prossimo punto di discussione che vorrei portare avanti, sia come possiamo educare Sicuramente. [00:38:48] Speaker C: È una sfida quella di capire come educare le persone, come rendere proprio qualcosa di permeante la cultura e la vita quotidiana e la sostenibilità. Non ho una risposta magica universale, penso però che un contributo molto interessante venga da una disciplina che in inglese si chiama Nudge o in italiano è stata tradotta come spinta gentile. Deriva proprio dall'ambito diciamo economista peraltro. Faccio un esempio pratico per prendere meglio l'idea. Nel co-working dove spesso mi trovo a lavorare c'è un dispenser di acqua, una fontanella gratuita e oltre a fare quello che fa benissimo, ovvero erogare acqua di tutti i tipi, calda, frizzante, gratis, temperatura ambiente, ha una caratteristica, un numero. Il numero delle bottiglie di plastica evitate grazie a quella fontanella che quest'anno siamo già oltre 10.000, no? 10.000 bottiglie evitate in un piccolo un piccolo spazio, un piccolo ufficietto. Ecco, io immagino se questo numero, per esempio, fosse presente nelle fontanelle che sono per strada, negli aeroporti. Quindi rendere visibile e quantificabile immediatamente il valore di quegli oggetti, perché quante volte ci è capitato di non avere idea di quanto valga per l'ambiente, per le persone un oggetto. In questo caso si tratta di prevenzione ai rifiuti, significa che la tassa che paghiamo è meno bassa, come posso dire, grazie a oggetti come questi, significa che risparmiamo materiale, risparmiamo un sacco di costi per trasportare la plastica che servirà per fare quelle bottigliette. Quindi, come posso dire, aiutare le persone proprio con messaggi immediati, chiari, pratici, a volte anche quantificabili, a capire il valore delle cose, delle azioni, degli oggetti che fanno parte della nostra vita quotidiana, dell'arrivo urbano, sarebbe davvero qualcosa di molto molto molto utile, perché purtroppo viviamo in una società che ha a volte dei messaggi proprio forvianti. Rimango sul tema degli oggetti, la raccolta differenziata, che è utilissima, utilissima, voglio sottonearlo, però viene vista un po', come posso dire, a volte purtroppo non viene investita in un valore che non ha, non si parla quasi di prevenzione del rifiuto. A volte Questa è la mia impressione magari, ma per la coscienza italiana è ok, faccio la raccolta differenziata, faccio già perfettamente la mia parte, sono un cittadino modello, non mi devo preoccupare di altro, no? È una risposta facile che però non previene il problema, come posso dire, ma in qualche modo fa sì che lo status quo vada avanti, senza guardare alle soluzioni come la prevenzione in questo caso. [00:41:20] Speaker B: Ti ringrazio Andrea per l'ultimo contributo, effettivamente, perché si rinserisce un po' nel discorso che avevo fatto precedentemente sul bottom up, cioè ci aspettiamo qualcosa che venga effettivamente dalle località, sia anche con Pedro e Flavio, centrato il discorso sulle catene corte, territori, quindi chiaramente vanno riattivati. Ecco, c'è una dimensione che è anche, come dire, uno sguardo un po' negativo, qualcosa che effettivamente secondo me preoccupa in questa dinamica, è il fatto che effettivamente c'è anche il globale che influisce il locale, cioè mi sembra che nel dibattito spesso quello che emerge è dire, e lo ritrovo spesso anche sui social, così molta gente che si deresponsabilizza dicendo beh, ma noi siamo poco, pensiamo ad altri paesi continenti, senza far nomi ma chiaramente si può immaginare quali, lì non fanno nulla perché dovremmo essere noi, ok? E' ovvio, cioè voglio dire, è una dinamica molto semplice che può emergere e che secondo me demotiva un po' l'azione individuale spesso e è onnipresente direi nelle discussioni social che quasi si polarizza su quelli che si posizionano così per giustificare il fatto di non fare il nostro contributo è marginale, ok? Oramai ci sentiamo noi con le nostre regole. Quindi chiaramente adesso, senza entrare nel merito di questo, è proprio come uscirne, perché questa dinamica è forte comunque, una dinamica che può portare poi effettivamente una larga parte della popolazione a non adottare certe pratiche. Allora chiaramente qua quindi si va oltre gli incentivi perché comunque dietro a qualsiasi azione c'è un costo che noi percepiamo quello di andare a differenziare o noi in ognuna di queste pratiche quindi uno può fare chiaramente tutti gli sforzi come stiamo facendo nel progetto Plastron per ricostruire una catena di incentivi che dia un valore, cioè che faccia superare quel costo che ognuno percepisce a suo modo. Può essere un costo monetario perché sono un'impresa, un'altra persona, un costo cognitivo di riorganizzare il proprio pensiero ogni mattina pensando di fare qualcosa. Quindi se la si vede in questa moltitudine di costi che vanno riallineati con degli incentivi propri, Però effettivamente poi alla base ci deve essere una forma di educazione che quella, credo, un po' del cittadino, quella di fare le cose comunque per il piacere di farle, per sé, perché devono andare oltre, ecco, il semplice. Non ci deve essere solo dietro un'istituzione, come stiamo facendo noi, perché cerca di riallineare tutto. dobbiamo anche prenderci il peso, l'onere di alcuni costi e quindi uscire proprio dalla logica e il naggia ancora comunque una logica un po' infatti si inserisce una corrente filosofica che è il paternalismo libertario cioè c'è ancora una componente paternalistica perché io costruisco un'architettura di scelta che possa favorire quindi tutto benvenga però alla fin fine diciamo ci sono vari opportunità per diresponsabilizzarci per percepire ancora di più questo come un costo nelle nostre azioni importante e quindi veramente dobbiamo lavorare invece su un'educazione noi a volere fare le cose per volerle fare ecco questo in ogni ambito il piacere di fare perché si sta bene con se stessi ecco alla fin fine vorrei ritornare a un elemento molto umano ecco su questo L'idea di. [00:44:59] Speaker E: Trasformare la sostenibilità da slogan a pratica potrebbe essere sicuramente utile sin dalle scuole primarie. Credo che il modo migliore per insegnare il concetto di sostenibilità alle nuove generazioni sia in qualche misura rifarsi anche a quello che solo 40-50 anni fa si faceva nelle scuole. 40-50 anni fa alle elementari non esisteva il termine sustainability quando c'ero io, ma i progetti di recupero del riciclo nel giardino della scuola, piuttosto che di una serie di manufatti in legno e cartone per costruire giocattoli o altri oggetti utili alla vita dei bambini e ragazzini erano la pratica corrente. Quindi a volte mi sembra quasi incredibile che si debba riscoprire l'ovvio, cioè non è certamente, anche qua non me ne voglia chi è affezionato tra il discorso del label. Ma non è certamente insegnando nelle scuole ai bambini a leggere le etichette del carbon footprint, dei prodotti che risolviamo il problema delle nuove generazioni, bisogna spiegarli e è giusto recuperare determinate cose. Invece paradossalmente la formazione non va in questa direzione, noi spieghiamo ai bambini facendone peraltro dei mostri, che è giusto andare a leggere le etichette di qualunque cosa papà e mamma comprino, però poi gli insegniamo anche che possono comprare 540 peluche e buttarne via 539 per comprare qualche cosa di nuovo il giorno dopo. magari con imballaggi e vivendo la moda dell'ultimo minuto. Ecco questi messaggi dal punto di vista formativo già a partire dalle scuole elementari per arrivare poi fino all'università e oltre sono chiaramente messaggi molto distorti che a mio avviso tradiscono più un sustainable business che una industrial sustainability. Mi rendo conto che occorre anche il sustainable business per muovere investimenti ingenti e rendere queste pratiche di trasformazione su massa critica rilevanti per muovere l'ago della sostenibilità. Mi piacerebbe anche però vedere un minimo di equilibrio tra ciò che ha mosso questi principi 20-30 anni fa e ciò che oggi è spesso e volentieri diventata una speculazione verde che poco ha a che vedere con i risultati finali. Come sempre raggiungere l'equilibrio richiede tempo, sono processi trasformativi ed è un po' il motivo per cui a me non piacciono molto gli approcci per così dire, pragmatici o prescrittivi della comunità europea rispetto a questi temi. Gli investimenti andrebbero fatti sui metodi e non sull'obiettivo in sé. Imporre semplicemente un obiettivo con una metrica, perché qualcuno ha deciso che quella metrica deve valere un certo numero, lo trovo offensivo per chi ha ragionato su questi temi ma lo trova anche molto inefficace dal punto di vista della trasformazione reale del nostro sistema economico, sociale e ambientale. [00:48:09] Speaker A: Qual è una piccola azione concreta che ognuno di noi può fare per contribuire alla sostenibilità? [00:48:14] Speaker C: Mangiare meno carne rossa piuttosto che usare di più mezzi pubblici o prendere una fornitura elettrica 100% rinnovabile per casa. [00:48:22] Speaker D: So I'm gonna say something that is not very scientific. I would say go out and feel nature. Prova. [00:48:34] Speaker B: A convincere altre persone attorno a te che vale la pena di portare avanti questa sfida. Esercitati ogni giorno. [00:48:43] Speaker E: Cercare di convincere le persone che vive intorno che si vive molto più felicemente avendo meno oggetti e valorizzando di più quelli che si hanno nelle esperienze belle del vivere. Ringrazio Unigine Radio per questa opportunità e spero che ci possano essere tante altre trasmissioni che affrontino tutte le diverse sfaccettature viste oggi. [00:49:06] Speaker B: Grazie Flavio, Pedro, Andrea. È stata una bellissima occasione di confrontarci su questo. Spero che piaccia al pubblico e riesca veramente a coinvolgere e interessare alcuni di voi. Grazie a tutti. [00:49:20] Speaker C: Grazie a tutti voi. Spero di trovarci presto. Una prossima chiacchierata a tema sostenibilità. [00:49:25] Speaker D: Grazie mille. È stato un piacere anche per me. Grazie a Unice Radio e ai colleghi. A presto. [00:49:34] Speaker A: Materia in circolo è una produzione unigeradio. L'idea è di Mattia Frascio, il montaggio di Nadia De Nurkis e Nicolò Odino.

Other Episodes

Episode 2

October 05, 2025 00:33:52
Episode Cover

Riciclare: tra normativa, buone pratiche e tecnica

Il riciclo è oggi al centro delle strategie per la transizione ecologica, ma resta un tema complesso, che coinvolge normative, tecnologie, progettazione e comportamenti....

Listen

Episode 4

October 05, 2025 00:27:53
Episode Cover

Nuove rotte della plastica: dal mare al prodotto di design

La plastica è ovunque: nei mari, nelle città, nei nostri oggetti quotidiani. Ma può avere una seconda vita? In questa puntata seguiamo le nuove...

Listen

Episode 3

October 05, 2025 00:38:47
Episode Cover

La sostenibilità come iniziativa dei singoli e dal mondo della ricerca

La sostenibilità è una sfida globale, ma anche una responsabilità personale e professionale. In questa puntata, esploriamo come l’impegno per l’ambiente possa nascere sia...

Listen