Nuove rotte della plastica: dal mare al prodotto di design

Episode 4 October 05, 2025 00:27:53
Nuove rotte della plastica: dal mare al prodotto di design
Materia in circolo
Nuove rotte della plastica: dal mare al prodotto di design

Oct 05 2025 | 00:27:53

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Show Notes

La plastica è ovunque: nei mari, nelle città, nei nostri oggetti quotidiani. Ma può avere una seconda vita? In questa puntata seguiamo le nuove rotte della plastica, dal recupero del marine litter alla sua trasformazione in materiali riciclati e prodotti di design. Un viaggio che unisce ricerca scientifica, ingegneria, creatività e sostenibilità. Con ospiti provenienti da università, fondazioni e imprese, raccontiamo come la plastica possa diventare risorsa, bellezza e funzione urbana.

Voci:

Alessandro Seitone, ricercatore dell’ Università di Genova;

Paola Riviezzo, designer per Medsea Foundation;

Davide Porta, designer per MedSea Foundation; 

Dario Cavallo, professore dell’Università di Genova.

Montaggio: Niccolò Odino

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Episode Transcript

[00:00:02] Speaker A: Materie in circolo, storie di plastica, persone e idee che trasformano il rifiuto in risorsa. A Materie in circolo parliamo di plastica, ma non solo dei suoi problemi, ma anche delle sue possibilità. Dalla raccolta in mare alla trasformazione in granuli, dalla ricerca sui polimeri alla creazione di oggetti di design, seguiamo le nuove rotte della plastica. In questo viaggio ci guideranno Alessandro Seitone, ricercatore del Dime dell'Università di Genova, progettista dell'impianto di riciclo per marine litter realizzato con Revet per il progetto Plastron. Paola Riviezzo, architette docente IED, esperta di design sostenibile e vicepresidente dell'Ordine degli Architetti di Cagliari. Davide Porta, designer e ricercatore, attivo tra Sardegna e Vienno, impegnato in progetti di ecodesign e rigenerazione ambientali con MedSea Foundation. Dario Cavallo, professore di chimica industriale all'Università di Genova, esperto di polimeri e stampa 3D, responsabile scientifico per il riciclo e la repolimerizzazione dei materiali plastici. [00:01:09] Speaker B: Ciao, io sono Alessandro Seitone, ricercatore del Dime e io mi sono occupato in questo progetto dell'impianto di riciclo che utilizzeremo. Un impianto di riciclo meccanico, ovvero la plastica che noi raccogliamo dal mare, dalle spiagge, dai fondali, va divisa secondo le tipologie di plastiche e questa parte la facciamo in modo manuale e poi va ridotta di dimensioni, quindi utilizziamo un macinatore per ridurla di dimensioni, poi la laviamo e diciamo È stato difficile trovare macchinari di piccole dimensioni, quindi abbiamo adottato una lavaverdura industriale che ci permette di lavare questi flakes di plastica. Dopodiché li asciughiamo in stufa e in deumidificatore e poi li estrudiamo. L'estrusione vuol dire rifondiamo il materiale e durante la rifusione riusciamo ad andare a inserire all'interno materiali organici o inerti. che possono servire a migliorare le caratteristiche della plastica. Nel nostro caso abbiamo fatto un po' di prove, ad esempio abbiamo utilizzato dei filler dal mondo agricolo, dagli scarti agricoli e in particolare i gusci d'uovo e nocce d'oliva in questo ultimo mese e mezzo. [00:02:22] Speaker C: Buongiorno a tutti, io sono Dario Cavallo, docente al Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale delle Università degli Studi di Genova. Mi occupo all'interno di questo progetto di quanto riguarda la caratterizzazione della plastica recuperata dal mare e la sua lavorazione tramite stampa 3D. Per quanto riguarda il riciclo delle materie plastiche abbiamo, diciamo, diverse problematiche perché, prima di tutto, le diverse tipologie di plastica che esistono sul mercato e che vanno, ahimè, a finire in mare, non stanno insieme, non vanno molto d'accordo tra di loro, diciamo. Quindi se voi immaginate il classico PET, il polietilente reftalato delle bottigliette, questo va separato accuratamente per esempio dal polietilene e dal polipropilene che sono altre materie plastiche perché altrimenti durante la lavorazione non fluidificherebbe abbastanza causando poi problemi al pezzo finale. Quindi da una parte abbiamo problematiche importanti di separazione. E dall'altra abbiamo il fatto che avendo questa plastica diciamo raccolta nel mare o da altre fonti già avuto una vita precedente questa ha consumato tutti gli additivi utili per esempio per la sua lavorazione come antiossidanti stabilizzanti termici o stabilizzanti alla luce ultravioletta. Quindi questi additivi dovranno essere reintrodotti proprio attraverso il processo di estrusione di cui parlava prima Alessandro. [00:03:50] Speaker D: Buongiorno a tutti, io sono Paola Riviezzo. Sì, certamente un'enorme quantità di plastica finisce ogni giorno nei nostri mari e questa è prima di tutto un'emergenza ambientale, naturalmente, ma è anche certamente un'occasione sprecata, perché stiamo perdendo delle risorse che invece potrebbero avere una seconda vita. Dando proprio qualche numero al volo, in modo che ci possa dare il polso di qual è lo stato dell'arte, ogni giorno nelle nostre acque, nelle acque del nostro pianeta, entrano circa tra gli 8 e i 12 milioni di tonnellate di plastica. Nel Mar Mediterraneo naturalmente che è un mare chiuso, l'emergenza è ancora più sentita perché siamo intorno alle 730 tonnellate al giorno di plastiche riversate nelle nostre acque, è vero che la tendenza in Europa è certamente quella di aumentare la capacità di riciclo, siamo assolutamente in crescita rispetto agli ultimi dati, ma è ovvio che serve un cambio di passo, bisogna cominciare veramente a vedere questo materiale come una possibile risorsa, quindi un materiale che ritorna ad essere una materia prima per progetti futuri e sostenibili. Esistono degli esempi virtuosi in questo senso, Plastron certamente va in questa direzione, ma esistono anche delle realtà globali che hanno dato degli ottimi esempi e degli ottimi risultati, come ad esempio Precious Plastic, che è un progetto globale che mette a disposizione delle macchine open source per le comunità e che soltanto nel 2022 è riuscito a recuperare 1.400 tonnellate di plastica producendo degli oggetti utili per le comunità. Quindi questi numeri ci dicono che la scala del problema è globale, ma ci dicono anche che le soluzioni esistono e che sono già tra di noi. Il tema non è quello di pulire il mare, ma bisogna proprio cercare alla fonte di evitare che i nostri scatti finiscano nel mare e dobbiamo cominciare a guardare alla plastica con altri occhi, se vogliamo anche occhi più creativi, cioè immaginarci quale potrebbe essere la seconda vita di questi oggetti, di questo materiale senza dover passare attraverso l'inquinamento e quindi anche la doverosa pulizia del nostro ambiente. [00:06:06] Speaker B: Come dicevo prima, abbiamo avuto l'idea di combinare i materiali organici insieme alla plastica quando la rifondiamo. Vorrei chiedere a Davide questa idea da dove arriva, come la stiamo realizzando. [00:06:18] Speaker E: Buongiorno a tutti, io sono Davide Porta. L'idea di combinare la plastica con i materiali organici arriva da due principali necessità. Prima di tutto per noi era importante non solo dare nuova vita agli scarti di natura antropica, quindi delle plastiche che troviamo nei mari, ma per chiudere il ciclo dell'economia circolare era importante dare anche nuova vita a quelli che sono gli scarti della produzione, per esempio che arriva dalla produzione agricola. Per questo era importante trovare un modo per creare un materiale composito che potesse rispondere a queste due necessità. L'altro aspetto invece è quello un po' più tecnico, come già hanno accennato i colleghi. Per rispondere alla richiesta di riduzione dell'impatto ambientale, cerchiamo di creare un materiale che sia sempre più duraturo e quindi che impatti meno nell'ambiente circostante. Ecco perché abbiamo deciso di utilizzare poi il metodo di manifattura additiva, ovvero la stampa 3D. La stampa 3D, essendo una metodologia accessibile a tutti, ha la possibilità non solo di poter stampare in loco, è importante dire che noi questo materiale composito lo stiamo trasformando attraverso la stampa anti-3D in nuovi prodotti. per cui il materiale viene pellettizzato e poi stampato attraverso le stampanti 3D, per cui questa tecnologia ci dà la possibilità di creare tanti prototipi e al tempo stesso di creare dei manufatti in loco, impattando nel meno modo possibile e dando anche la possibilità a chiunque abbia delle stampanti 3D, magari in futuro, di poter pensare a dei progetti di riciclo creativo. [00:07:53] Speaker C: Sì, grazie Davide. Volevo aggiungere le tue parole che, infatti, la manifattura additiva ha diversi vantaggi rispetto alla manifattura tradizionale come, per esempio, lo stampaggio in iniezione. Uno è quello cui accennavi tu, cioè il fatto che la produzione può essere distribuita o comunque localizzata e l'esempio più eclatante è il fatto che ci sia una stampante 3D sulla Stazione Spaziale Internazionale, per esempio. L'altra è che rispetto ad altri metodi di manifattura ha una facilità di design o comunque non ha limiti di libertà nel design. Possiamo realizzare pezzi che sarebbe impossibile fare con altre tecnologie. [00:08:34] Speaker B: Il fatto di utilizzare la stampante 3D porta a delle conseguenze benefiche e meno benefiche. Dal punto di vista delle benefiche, il fatto che possiamo produrre qualsiasi tipo di oggetto possiamo pensare, ovviamente stando all'interno dei limiti dimensionali, cioè della dimensione del pezzo stampabile. Però il problema che si va a porre è quello che con la stampante 3D il materiale deve essere un materiale studiato appositamente per questo utilizzo. poiché dà un sacco di flessibilità ma dà una difficoltà sulla deposizione del materiale che viene deposto nel caso della stampante 3D non utilizzata. Nel filamento fuso viene estruso questo filamento strato dopo strato e a differenza di quello che viene fatto ad esempio nella produzione di massa in cui la quantità fusa viene iniettata all'interno di uno stampo. Utilizzare la stampa 3D è una sfida perché ci dà dei pro e dei contro. Come diceva Dario, il fatto che si possono creare in qualsiasi posto, qualsiasi tipo di oggetto che noi possiamo ideare in pochissimo tempo. Cosa che invece non avviene, ad esempio, nella produzione di un oggetto per un altro tipo di lavorazione che è la stampa iniezione che è utilizzata dalle industrie, che utilizza uno stampo i cui costi sono altissimi e quindi dobbiamo fare un oggetto che poi sia prodotto in migliaia se non centinaia di migliaia di pezzi per ottimizzare lo stampo. Invece in questo caso la stampa 3D ci permette di andare a deporre strato dopo strato a creare il nostro oggetto. Questa cosa fa sì che il materiale che noi studiamo in stampa 3D deve essere studiato ad occo perché deve essere un materiale in grado di essere lavorabile con questa tecnologia che è molto versatile ma è anche molto delicata in questa parte. Non so se Dario vuoi aggiungere qualche. [00:10:19] Speaker C: No, no, concordo assolutamente. Diciamo che il fattore di scala a cui accennavi tu è essenziale e forse è anche quello che gioca in favore del nostro progetto che è fatto per un utilizzo locale. Quindi, in effetti, i costi di investimento per uno stampo da stampaggio e iniezione sono molto elevati. Quindi per ripagarli occorre produrre magari centinaia di migliaia di pezzi, mentre i costi della stampante 3D sono relativamente ridotti e quindi è una manifattura che va bene per oggetti in un volume, inteso come quantità di prodotto, relativamente basso. [00:10:57] Speaker B: Sì, quindi dà poi la possibilità al cittadino, che si riferisce magari al Fab Lab dove viene inserita questa stampante, di prodursi il pezzo che serve in quel posto, in quel momento, in un pezzo, in due pezzi, in cinque pezzi, quindi lasciare assoluta libertà e flessibilità. In questo caso, ad esempio, stiamo collaborando con i designer, con Paola e Davide, che stanno sviluppando dei concept. [00:11:24] Speaker D: Sì, mi riaggancio assolutamente alle vostre parole, Dario Alessandro, nel senso che proprio il progetto abbraccia e riflette questa anche, se vogliamo, filosofia della scala a cui stavate accennando, cioè della piccola scala, quindi anche della produzione di oggetti che segue la reale richiesta, la reale necessità. Quindi non una produzione, se vogliamo, di massa, in grandi numeri, ma una produzione ad hoc, che va a sostituire un pezzo. In questo senso, infatti, da un lato abbiamo scelto di progettare una rastrelliera per biciclette, perché Guardandoci intorno nello spazio urbano, nelle nostre città, abbiamo immaginato quale oggetto in qualche maniera potesse dare un incentivo virtuoso anche nella fruizione dei nostri spazi e il pensiero sulla bicicletta è andato da sé. E quindi anche su degli strumenti, dei supporti per poterla parcheggiare in maniera flessibile dove vogliamo. Ma il progetto è stato sviluppato partendo dai concetti base dell'ecodesign che vedono nella modularità della produzione dell'oggetto una delle chiavi vincenti, cioè questa rastrelliera è pensata per parti, quindi nel caso di rottura di una di queste parti il pezzo stesso può essere addirittura rimacinato, rifilato, riutilizzato per produrre quel pezzo mancante, quel pezzo che si è rotto. Quindi questo tipo di filosofia rende economicamente più vantaggioso la produzione di questi oggetti e allunga anche la vita del prodotto, cercando di andare verso un concetto di minimo spreco di materiale e minimo utilizzo di materiale. Un altro aspetto interessante della rastrelliera è quello anche che lei approfitta degli elementi che già esistono all'interno delle nostre città e quindi poi magari entreremo più nel dettaglio di questo genere di approccio che è un po' un approccio parassitico, come se fosse un parassita che va ad appoggiarsi su elementi, su pali della luce, su elementi verticali che esistono già e anche in questo caso l'obiettivo e la filosofia è quello di sprecare il minimo suolo possibile, non andare a costruire delle strutture portanti e quindi non andare a aggiungere degli elementi poco flessibili nelle nostre città e nei nostri spazi comuni, ma approfittare di quello che già c'è, quindi in qualche maniera riciclare anche lo spazio urbano e le infrastrutture già presenti sui nostri territori. [00:13:47] Speaker E: Esatto, questa filosofia del cosiddetto urbanismo tattico è stata davvero la base del nostro progetto. Infatti, questa idea di non dover costruire qualcosa da zero, ma semplicemente migliorare la fruibilità dello spazio urbano con interventi praticamente leggeri, perché noi stiamo progettando, come raccontavi Paola, dei moduli agganciabili come dei parassiti o degli elementi verticali che possono essere i pali della luce, ci consente di migliorare la fruibilità dello spazio urbano, promuovendo anche il trasporto sostenibile, quindi l'utilizzo di biciclette e monopattini elettrici, per esempio, dando anche la possibilità ai cittadini di poter parcheggiare i loro mezzi liberamente nelle città. E questo ci aiuta a migliorare lo spazio in cui viviamo e come utilizziamo il nostro spazio. [00:14:34] Speaker C: Dal punto di vista della scienza dei materiali, gli oggetti a cui Paolo e Davide hanno pensato sono per l'arredo urbano. Quindi dobbiamo pensare che debbano resistere, per esempio, agli agenti atmosferici. Questo significa che i materiali che noi abbiamo recuperato al mare devono essere, da una parte, resistenti per esempio alle piogge, E questo non è una difficoltà perché c'è una classe di materiali polimerici che ha una densità minore dell'acqua, quindi la possiamo recuperare facilmente dal mare, che sono le poliolefine, che sono particolarmente idrorepellenti. Un problema invece più sostanziale, soprattutto magari in certe aree che sono interessate dal progetto, sono per fortuna spesso soleggiate è quella della resistenza ai raggi ultravioletti. Quindi in questo caso i chimici hanno pensato a soluzioni che prevedono l'aggiunta di additivi stabilizzanti UV. E qua mi ricollego a quello a cui accennavamo prima, nell'utilizzo di scarti dell'industria agroalimentare come riempitivi, può far sì che le proprietà meccaniche, ovvero la rigidità, la resistenza del materiale, possa aumentare, magari essere più consona all'utilizzo, per esempio, nella rastrelliera o in altri prodotti che i nostri amici del design hanno immaginato. [00:15:58] Speaker B: Nel passaggio dal concept, dal disegno al prodotto c'è stata la fase della stampa 3D in cui abbiamo lavorato sia con i chimici dal lato del materiale per farci un materiale che andasse bene e dall'altro dal punto di vista dei parametri. Dal punto di vista chimico è stato aggiunto un filler che ci permette di mantenere le caratteristiche dimensionali e di eliminarci una serie di problematiche che si possono avere nella stampa 3D, quali le deformazioni. In particolare i filler che vengono utilizzati per questo tipo di applicazioni solitamente derivano dalle miniere, solitamente talco, comunque vengono estratti e in questo caso ci siamo andati a sostituirli con della polvere di guscio di uovo per tornare sulla questione degli scarti agricoli. Questo ci ha permesso di ridurre i problemi che avevamo di deformazione, propriamente detta warping, scollamento dal piatto. Quindi l'abbiamo risolto in questo modo, stando attenti a rispettare quello che c'eravamo prefissati, cioè quello di utilizzare degli scarti agricoli. Altri hanno pensato ad esempio utilizzare le cozze, per dire, che sono lo stesso materiale, comunque i gusci. [00:17:10] Speaker C: Carbonato di calcio da chimico. [00:17:14] Speaker B: E quindi abbiamo utilizzato questo materiale e ci siamo trovati molto bene e abbiamo risolto questa problematica. [00:17:21] Speaker C: Ok Alessandro, giusto due parole visto che hai parlato, menzionato il Warpage o Warping. Questo è un problema della manifattura additiva e senza entrare troppo nel tecnico però si crea per il fatto che nel momento in cui io fondo il mio materiale e lo deposito questo si raffredda e vado poi a depositare il secondo strato, lo strato N al di sopra di uno strato che si è già raffreddato e questo genera degli sforzi e quindi fa deformare il pezzo. [00:17:49] Speaker B: Da anche delle difficoltà poi nell'incollaggio, quindi poi si lavora sui parametri di stampa. Stiamo utilizzando una stampa 3D molto performante, quindi riusciamo a controllare le ventole, le temperature della camera, quindi questo ci permette ad esempio, con una temperatura della camera di 50 gradi per dire, questo ci permette di far sì che il materiale deposto del primo strato ad esempio rimanga caldo al punto che io quando ci ripasso sopra sia col calore dell'ugello. cioè la parte finale che fonde il materiale, sia con il calore della camera e le ventole varie, riesco a mantenerlo caldo il tanto che mi basta per far sì che il materiale che sto andando a inserire mi si incolli su quello sotto e andare a capire quali sono i parametri per far sì che questo incollaggio venga in modo ottimale è stata parte del lavoro che abbiamo portato avanti e che stiamo portando avanti. [00:18:44] Speaker C: Nella ricerca accademica e industriale attuale ci sono vari punti di interesse sia per quanto riguarda il riciclo che la stampa 3D che addirittura la creazione di nuovi materiali. Sapete tutti quando andiamo a fare la spesa abbiamo questi sacchetti che non resistono come i sacchetti di una volta ma hanno il vantaggio di essere biodegradabili. Quindi c'è tutto un filone della ricerca sulle materie plastiche che va verso la creazione di materiali biodegradabili. Quindi un esempio importante dal punto di vista della ricerca, ma anche dell'applicazione industriale, è l'acido polilattico, che infatti, non a caso, è anche un materiale molto utilizzato nella stampa 3D, diciamo delle stampanti desktop che uno può comprare per casa. Dal punto di vista del riciclo, la ricerca adesso si sta orientando ovviamente sul miglioramento del riciclo meccanico, quindi soprattutto negli stadi di separazione delle varie tipologie di plastica, ma anche sul riciclo chimico che ad oggi è una piccola realtà, però sarebbe veramente una rivoluzione. Quindi pensate che i polimeri, la plastica, sono composti da mattoncini legati insieme, quindi la vera economia circolare sarebbe staccare questi mattoncini e ritornare agli elementi di partenza che possono poi a loro volta essere rilavorati e ricreando una plastica identica tutto e per tutto a quella originale. Dal punto di vista della stampa 3D, invece, un ambito di ricerca molto importante è il miglioramento della saldatura tra uno strato e l'altro, perché è un po' il punto critico che dà più problematiche rispetto ad oggetti prodotti con altri metodi di manufattura. [00:20:27] Speaker E: Beh, è anche molto importante ricordare che l'Unione Europea si sta muovendo al riguardo della sostenibilità ambientale, anche per quanto riguarda la produzione di manufatti. Affortunatamente già dal maggio dell'anno scorso, il primo maggio del 2024, l'Unione Europea ha affilato il cosiddetto regolamento europeo di eco-design, che non è altro che un documento in cui possiamo trovare le linee guida per la progettazione e la creazione di oggetti. Infatti già dall'anno scorso qualsiasi oggetto prodotto nell'Unione Europea deve rispondere a determinati criteri. è quello che stiamo facendo noi con Plastron. Gli oggetti devono essere sostenibili, il loro impatto ambientale deve essere il minimo e soprattutto trovare il modo di poter riparare gli oggetti e progettarli in una maniera tale che poi possono essere riparati con il minimo indispensabile. Infatti la nostra rastrelliera è stata progettata seguendo questi criteri. Il fatto di avere un sistema completamente modulare dà la possibilità nel caso in cui una delle parti della nostra rastrelliera si rompe, allora abbiamo la possibilità di rimacinarla e ricostruirla senza dover ricostruire completamente la rastrelliera, quindi il manufatto. In aggiunta a questo ci è aiutato anche il regolamento di ecodesign attraverso quello che è il cosiddetto passaporto digitale del prodotto, che è stato inserito tra i criteri del regolamento, che aiuta gli utenti a capire, quindi dagli strumenti all'utente finale, per capire come poter riparare gli oggetti che va a acquistare o che va a utilizzare, dove poterli portare, come è stato realizzato il materiale, il prodotto e quindi capire com'è fatto e dove poter intervenire per ripararlo con il minimo impatto. Ecco che queste sono state un po' le basi della progettazione della nostra vastelliera. [00:22:16] Speaker C: Scusate, avevo una domanda per i designers. So che esistono i concetti, sempre all'interno dell'economia circolare, di design for recycling e design from recycling. Non so se sono applicabili anche al caso di plastron, degli oggetti che avete pensato o meno. Perché questo è quello che diciamo il design for recycling, a quanto posso capire io che non sono un designer, si riferisce a linee guida che privilegino l'utilizzo di monomateriale. [00:22:49] Speaker D: Sì, cioè cercare già in fase di progettazione di prevedere poi quello che sarà il ciclo di vita dei prodotti che vengono immessi sul mercato, no? Perché poi ci si riallaccia anche al concetto proprio di di circular design, quindi di circolarità del design e di ciclo di vita del prodotto, quindi cercare subito di capire, come dicono anche gli inglesi, cioè di seguire dalla culla alla tomba il prodotto di design, cioè immaginarsi anche una volta che questo prodotto e questo oggetto non è più utilizzabile, come lo si può smantellare, come lo si può riciclare, quindi una progettazione che sia già consapevole del fatto che il design ha una vita oltre la vita, permettetemi di dire così, cioè è come se fosse una nuova assunzione di responsabilità che non si limita a produrre un oggetto e a metterlo nel mercato, ma che si prende la responsabilità di immaginare anche cosa ne sarà di quell'oggetto dopo il suo utilizzo, quindi dopo il ciclo di vita normale e qui sta proprio l'approccio nuovo e diverso a cui ci si deve avvicinare. Infatti, ripeto, forse torno su un concetto che abbiamo così già prima accennato, anche quando immaginiamo quali possano essere le prospettive future di riutilizzo delle plastiche marine. Le prospettive future di riutilizzo delle plastiche marine sono quelle di non trovare più in mare la plastica, questo è il vero approccio che dobbiamo avere. Questa è la vera nuova prospettiva e quindi dobbiamo cambiare proprio, dobbiamo capire che la plastica che noi troviamo in mare non è soltanto inquinamento, è proprio un'opportunità persa. Noi ci siamo legati l'opportunità di trasformare il rifiuto in risorsa e questo è un vantaggio che è certamente etico, ma è anche economico e siccome il nostro mondo è mosso anche dall'economia, dobbiamo puntare anche sul fatto che è un vantaggio su tutti i punti di vista. Quindi il futuro non è quello di pulire, recuperare, è anche certamente quello di continuare a pulire, recuperare, smaltire, Ma il futuro è proprio quello di riutilizzare fin da subito e progettare in un'ottica di riutilizzo dell'oggetto o di parti di quell'oggetto. Questo deve essere il nostro motivo conduttore nell'approcciarci alla progettazione. [00:25:08] Speaker B: Sì, sul lungo periodo assolutamente sì. Infatti l'Unione Europea con la legge salvamare sta cercando di togliere tutti quelli che sono i materiali che si vanno a trovare poi in mare. sul lungo periodo assolutamente quella la prospettiva, sul breve e medio assolutamente il riciclo di questa plastica, un riciclo che sia virtuoso, cioè che ci permetta di ottenere dei nuovi oggetti, non sicuramente il riciclo più semplice che oggi adottiamo sulla plastica che è l'incenerimento e in questo senso anche con Plastron abbiamo lavorato, stiamo lavorando sul capire se i materiali marini riciclati per un riciclo meccanico riescano a ad avere delle caratteristiche interessanti e stiamo già avendo dei risultati interessanti, quindi sul breve termine assolutamente ci stiamo muovendo, sul lungo termine assolutamente non avere più plastica in mare. [00:26:03] Speaker C: Sì, concordo assolutamente con quanto detto da Paola e da Alessandro. Penso infatti come il fatto di non trovare più plastica in mare sia l'obiettivo a cui puntare. Questo ovviamente da dire che forse i dati che citava Paola prima indicano che anche nel Mediterraneo questa problematica esista. però forse ad un livello ordine di grandezza minore rispetto ad altre aree del mondo. In ogni caso è una questione di educazione civica, quindi il ruolo di chi educa, a partire dalle scuole e così via, e il ruolo di chi amministra tutto il ciclo di smaltimento dei rifiuti è importante. Dal mio punto di vista, diciamo, quello che io posso fare, anche io ho un ruolo nell'educazione di studenti che hanno un'età maggiore ovviamente, quindi magari non insegnerò a non buttare la bottiglia in mare, ma cercherò di trasmettere il concetto del valore della plastica come materia prima, e come materiale e la conoscenza di base sul suo funzionamento e sulle tecniche di trasformazione che possono poi aiutarci ad avere manufatti che siano utili, no? Quindi passare da una demonizzazione della plastica come purtroppo a volte viene fatto oggigiorno ad una comprensione su quanto questa materia prima sia effettivamente utile se usata e soprattutto smaltita per il meglio. Grazie mille a tutti per questa opportunità di divulgazione del nostro progetto. Un saluto a tutti gli ascoltatori. [00:27:40] Speaker D: Grazie a tutti e a presto. [00:27:44] Speaker A: Materia in circolo è una produzione Unigiradio. L'idea è di Mattia Frascio, il montaggio di Nadia De Nurkis e Nicolò Odino.

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